Quando le imbarcazioni arrivano nella zona SAR (Search And Rescue) italiana, cioè l’area marittima in cui l’Italia è responsabile del soccorso di persone in difficoltà in mare, dovrebbe essere la Guardia Costiera Italiana a salvare le persone sulle imbarcazioni.
Negli anni sono stati tanti e gravi i naufragi nel Mediterraneo centrale. Per provare a porre un freno alle morti e per provare a colmare un vuoto nei salvataggi sono nate le ong di soccorso in mare.
Dopo il terribile naufragio del 3 ottobre 2013 a largo di Lampedusa, nel quale morirono almeno 368 persone nacque l’operazione Mare Nostrum, una missione di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo Centrale, che però nel 2014 fu cancellata perché troppo costosa. Da quel momento l’obiettivo principale dell’Unione Europa non è stato quello di garantire la salvaguardia della vita umana nel Mediterraneo, ma il controllo e la sicurezza delle frontiere, attraverso Frontex, l’agenzia europea di controllo delle frontiere.
Nel frattempo, soprattutto a partire dal 2017, le ong che effettuano soccorso in mare sono state sottoposte a una vasta campagna di criminalizzazione, con le accuse di incentivare le partenze dei migranti e di collaborare con i trafficanti. Nessuna inchiesta e nessun processo ha mai mostrato che le accuse di collusione siano fondate. Inoltre, i dati ISPI evidenziano che la presenza delle ONG non influisce sul numero di partenze.
Oltre alla campagna denigratoria, le ONG del mare sono state sottoposte nel tempo a norme sempre più restrittive. Il recente decreto Piantedosi, entrato in vigore a inizio 2023, impone alle navi di salvataggio di dirigersi verso il porto assegnato immediatamente e senza ritardi, allungando i tempi di navigazione, complicando i percorsi di rientro dopo ogni soccorso e soprattutto obbligando le navi a ignorare segnalazioni di emergenza e fare un salvataggio alla volta. Una lunga serie di requisiti e complesse procedure amministrative rallentano l’efficienza delle operazioni, introducendo anche un pesante sistema di sanzioni, che vanno dal fermo al sequestro della nave a sanzioni pecuniarie elevatissime. In generale, le politiche europee hanno aumentato la stretta sui soccorsi in mare, delegando sempre più il controllo alla Guardia Costiera libica, nonostante le numerose violazioni dei diritti umani.
Nonostante i continui ostacoli queste organizzazioni sono riuscite e riescono tuttora a salvare centinaia di vite ogni giorno.